I.M.U. enti no-profit. Obbligo di dichiarazione

 

Gli enti non profit non possono fruire dell’esenzione IMU in caso di omessa presentazione della dichiarazione, anche se l’immobile ha un’utilizzazione mista. La Suprema Corte, con la sentenza 24200/2024, ha chiarito che il termine per inoltrare la denuncia è perentorio ed è posto a pena di decadenza, per lo scopo perseguito e per la funzione cui assolve il relativo adempimento, che è anche quella di consentire all’amministrazione locale di controllare la sussistenza dei requisiti di legge e la veridicità dei dati esposti. L’adempimento è richiesto qualora l’utilizzo degli immobili sia misto, per attività commerciali e non commerciali. L’utilizzazione mista, infatti, è una modalità alternativa all’accatastamento separato degli immobili, con attribuzione della rendita, qualora abbiano un’autonomia funzionale e reddituale. La dichiarazione ha una chiara funzione informativa dello stato degli immobili. Per gli Ermellini (ordinanza n. 20236/2024), per esempio, se l’immobile è in parte adibito ad attività di culto e in parte a casa per ferie, il trattamento agevolato si applica proporzionalmente alla porzione destinata ad attività non commerciale, anche laddove non sia possibile procedere a una sua autonoma identificazione catastale, purché il contribuente lo indichi nella dichiarazione. Questa informazione consente di evitare una variazione catastale.

Quindi, dà facoltà all’ente non commerciale di non effettuare l’autonomo accatastamento di una porzione dell’unità immobiliare con attribuzione di rendita, sempre che non abbia un’autonomia funzionale e reddituale. Dal 2013 il legislatore ha riconosciuto il diritto a fruire dei benefici fiscali anche qualora l’unità immobiliare abbia un’utilizzazione mista. L’agevolazione si applica solo sulla parte nella quale si svolge l’attività non commerciale, a patto che sia identificabile. La parte dell’immobile dotata di autonomia funzionale e reddituale permanente deve essere iscritta in catasto.

Nel caso in cui non sia possibile accatastarla autonomamente, l’esenzione spetta in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile che deve risultare da apposita dichiarazione. Del resto, per gli enti non profit è previsto in generale uno specifico obbligo di presentare la dichiarazione, con un modello ad hoc. La Commissione tributaria regionale della Toscana, sesta sezione, con la sentenza 484/2022, ha sostenuto che gli enti ecclesiastici non hanno diritto all’esenzione Imu se non presentano la dichiarazione al comune competente. Tutti gli enti non commerciali sono onerati di presentare la dichiarazione telematica. Inoltre, sono obbligati a dimostrare la destinazione effettiva degli immobili.

La disciplina dell’agevolazione e i requisiti. In base a quando disposto dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 504/1992, richiamato dall’articolo 1, comma 759, della legge 160/2019, sono esonerati gli immobili in cui vengono svolte le attività elencate dalla suddetta norma con modalità non commerciali. Per averne diritto è richiesto il possesso qualificato dell’immobile.

Non è sufficiente il possesso di fatto. L’uso indiretto da parte dell’ente che non ne sia possessore non consente al proprietario di beneficiare dell’agevolazione. È necessaria l’identità soggettiva tra il possessore di diritto e l’utilizzatore dell’immobile. Sempre la Cassazione, con l’ordinanza 14721/2024, ha ritenuto che non spetta l’esenzione se l’immobile viene utilizzato sulla base di un contratto di locazione o di comodato. Ci deve essere identità tra soggetto possessore e utilizzatore. A meno che l’immobile non venga dato in comodato da un ente non profit a un altro ente non commerciale, appartenente alla stessa struttura del concedente. Pertanto, il beneficio non spetta se l’utilizzazione è indiretta, in presenza di locali concessi in locazione a terzi. In via eccezionale va garantito se il bene concesso in comodato venga utilizzato da un altro ente non commerciale per lo svolgimento di attività meritevoli previste dalla norma agevolativa, se strumentalmente collegato al concedente e appartenente alla sua stessa struttura.

Gli immobili sono esentati solo se sugli stessi vengono svolte le attività sanitarie, didattiche, ricreative, sportive, assistenziali, culturali e via dicendo. Nell’ambito delle attività sanitarie rientrano anche quelle destinate alla difesa ambientale. Per le attività sanitarie, che hanno formato molto spesso oggetto di contenzioso, il servizio può essere svolto in convenzione con una struttura pubblica. Ciononostante, non si applica l’agevolazione ai fabbricati nei quali si svolge l’attività sanitaria, solo perché accreditati o convenzionati.

Non rileva neppure la destinazione degli utili eventualmente ricavati, che costituisce un momento successivo alla loro produzione e non fa venir meno il carattere commerciale dell’attività. In realtà, la Cassazione (ordinanza n. 10754/2017) ha precisato che gli enti interessati sono soggetti al pagamento se non svolgono l’attività a titolo gratuito o con la richiesta di un importo simbolico. Peraltro, l’esenzione non spetta anche se le attività svolte operano in perdita, poiché si può esercitare un’impresa con modalità commerciali a prescindere dal risultato della gestione. La convenzione con gli enti pubblici non esclude la logica del profitto e non conferma che l’obbiettivo perseguito sia quello di soddisfare bisogni socialmente rilevanti, che le strutture pubbliche non sono in grado di assicurare (ordinanza n. 3528/2018). Il trattamento di favore deve essere concesso quando le attività si svolgono in maniera non orientata alla realizzazione di profitti e cioè in modo da escludere gli elementi tipici dell’economia di mercato quali il lucro soggettivo e la libera concorrenza e siano invece presenti le finalità solidaristiche (Cassazione, ordinanza n. 3528/2018).

La mancanza dello scopo di lucro, che riguarda il movente soggettivo che induce l’imprenditore a esercitare la sua attività, così come la gestione in perdita, è giuridicamente irrilevante ai fini della qualificazione del carattere imprenditoriale di una determinata attività. Qualsiasi attività consistente nell’offrire beni o servizi in un mercato è da qualificare economica.